la mezza estate
Bevi vino, rinfrescati:
la stella d’estate tornò in cielo
e lo scirocco calò pesante
e regna su ogni cosa la sete.
Piano dentro i cespugli vibra il canto
della cicala, ininterrottamente,
e il sole è fermo e tutto si dissecca
sotto il suo fuoco e già fiorisce il cardo.
E brucia il ventre delle donne e lenta
muore
la voglia ai maschi
e le ginocchia si sciolgono
e i pensieri sotto il sole.
Alceo
Dopo le feste solstiziali che indicano l’inizio della stagione estiva, la potenza della luce raggiunge ora il suo culmine dando vita alle ritualizzazioni della prima quindicina di agosto. In questo periodo infatti, il sole entra nel suo segno di domicilio: il Leone.
Il termine estate deriva dal latino Aestas (aestuare = avvampare) e rappresenta il tempo in cui, grazie alla calura, giungono a maturazioni le messi e i frutti dal frumento all’uva.
Questo significava, sopratutto per i popoli del nord, una benedizione divina ed un periodo di opulenza e abbondanza. Un antico proverbio popolare infatti ricorda che “L’estate è la manna dei poveri”.
I Celti erano impegnati nelle feste in onore di Lugnasad (o Lughnasadh) – 1° – 15 agosto – il trionfante dio della luce e della risurrezione Lug che celebrava le nozze con Erin: fiere, feste, banchetti e matrimoni animavano le giornate.
Il nome di Lugnasad indica il mese di agosto sotto la forma di lùnasa, nell’ortografia tradizionale Lughnasa, ovvero “assemblea di Lug”.
A Roma e nel suo impero invece fu istituito, sin dal 18 a.C. il ferragosto, da feriae augusti, il primo imperatore, nelle quali venivano onorate diverse divinità.
La lunazione relativa a questo periodo è la Luna del Grano.
LO SPIRITO DEL GRANO
Ad inizio estate – ovvero nel mese di luglio – c’è la mietitura del frumento.
Mietere (ovvero uccidere) il grano era un atto rituale molto forte che vedeva coinvolta l’intera comunità: significava distruggere un’energia potente (giallo dorata come il sole) che grazie alla sua morte (e al suo sacrificio) avrebbe sfamato la comunità lungo tutto il resto dell’anno.
Ma questa potenza, che andava uccisa per forza, doveva anche essere propiziata perché la sua morte non fosse eterna ma legata alla resurrezione successiva nell’anno che sarebbe seguito.
È chiara l’analogia con le divinità maschili che muoiono e risorgono (dying and rising gods) ed in particolare, per la nostra cultura, col Cristo (“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.” Giovanni, 12, 24).
Nel raccolto si manifestava dunque una potenza sacra, potenza chiamata Vecchio da arabi, serbi, russi; Madonna del Grano nei paesi anglo-germanici, Madre della Spiga o Vecchia dagli slavi.
I bulgari avevano la Regina del Grano: l’ultimo covone veniva vestito con camicia da donna, portata in processione per il villaggio e gettata nel fiume per impetrare la pioggia in funzione del futuro raccolto o bruciata e le ceneri cosparse nel campo.
Altre usanze rurali arcaiche prevedevano il gettare dell’acqua su un fantoccio vegetale ma questo gesto pare che fosse un eco di rituale di gran lunga più antico che implicava il sacrificio umano.
Quello che andava propiziato era dunque lo Spirito del Grano che andava identificato prima che venisse mietuto tutto il frumento.
La forza attiva spesso era incarnata nell’ultimo covone o nelle ultime spighe i cui granelli si mescolavano alla semente autunnale per garantire un buon raccolto l’anno seguente.
Si mieteva a file e man mano che si tagliava si andava avanti. Lo Spirito in questo modo indietreggiava cercando rifugio.
Talvolta si poteva trovarlo nell’ultimo covone, negli ultimi steli tagliati che venivano quindi raccolti e conservati per essere poi uniti alla semenza per l’anno successivo (restituendo così lo Spirito alla Terra).
Talaltra si nascondeva in qualche forestiero che attraversava il campo durante la mietitura o in chi tagliava l’ultimo covone o in qualche altra vittima come gli animali simboli dello Spirito del Grano: lupi, cani, galli, lepri, capre, tori, buoi, vacche, cinghiali, scrofe.
Tale vittima veniva anticamente uccisa e bruciata e le ceneri sparse nei campi per fertilizzarli; forme meno cruente prevedevano che il contadino che tagliava l’ultimo grano venisse legato al covone e condotto in giro per il paese, battuto, bagnato o gettato in un letamaio.
Scrive Cattabiani: “Sia il sacrificio arcaico sia i riti che lo avevano sostituito erano la ripetizione rituale della creazione, del sacrificio iniziale di un gigante primordiale o di un animale mitico, come il toro, dal corpo del quale si formarono i mondi e spuntarono le erbe” e continua citando Eliade: “Il rituale rifà la Creazione, la forza attiva nelle piante si rigenera mediante una sospensione del tempo e mediante il ritorno al momento iniziale della pienezza cosmogonica. Il corpo della vittima ridotto in pezzi coincide con il corpo dell’essere mitico primordiale che diede la vita ai semi con il suo smembramento rituale”.
Una rimanenza di questo profondo significato resta tra le parole di antiche ballate come quella dedicata a John Barleycorn – lo Spirito dell’Orzo che si può ancora oggi trovare in fondo ad una bottiglia di wisky o birra. I Traffic la musicarono negli anni settanta.
La mietitura era “seguita da feste di ringraziamento nella forma di orge rituali, la cui funzione era di rendere possibile, ritualizzando il caos mitico anteriore alla creazione, il rinnovamento del ciclo agricolo.” (Cattabiani): oggi sono rappresentate da fiere e sagre tanto che dal solstizio fino all’equinozio la natura è in festa.
LA GRANDE MADRE
Questo periodo è dedicato anche alla celebrazione della Vergine Maria e di altre sante che ricordano e sostituiscono le antiche celebrazioni di ringraziamento alla Grande Madre.
Il 16 luglio si festeggia la Madonna del Carmine o Beata Vergine del Monte Carmelo (karmel in ebraico significa giardino, karmelos in greco: madonna del giardino a ricordare il legame con la fecondità e fertilità). Grande Madre della guarigione ne ho scritto in relazione all’uso apotropaico dei brevi devozionali che nella tradizione ad essa legata sono detti scapolari.
Il 22 luglio è invece la festa di Santa Maria Maddalena, complessa figura che incarna tre Marie – la prostituta redenta dal Cristo, la Maria sorella di Lazzaro e Maria di Magdala liberata da sette demoni grazie all’intervento di Gesù, figura dagli interessanti risvolti esoterici.
Nello stesso periodo la stella Sirio (la stella d’estate citata da Alceo nella poesia iniziale) sorge e si leva dall’orizzonte a sud. Ricordiamo che Sirio è la stella dedicata a Iside ed indica l’inizio del periodo torrido dell’anno ed in Egitto la piena del Nilo.
Questo periodo era chiamato Canicola (dalla costellazione di appartenenza, la Costellazione del Cane Maggiore).
Il 26 luglio è Sant’Anna, madre della Madonna, patrona delle partorienti e ricordata solo negli apocrifi.
La sua posizione triplice (madre della madre del Cristo) è associabile alla triade Demetra – Persefone – Figlio Divino: quest’ultimo è la spiga di grano mietuta in silenzio dei Misteri Eleusini.
Il 13 agosto si festeggiava nell’antica Roma la dea Diana, nome scandito arcaicamente Dī-āna dalla radice Dīum che significa spazio celeste, regina delle selve.
Le donne che la veneravano, durante l’anno appendevano alle pareti del santuario romano ad essa dedicato tavolette votive e consacravano le proprie vesti alla dea. La invocavano sopratutto come Lucina, protettrice dei parti.
Ed arriviamo al 15 agosto dove si festeggia l’Assunzione di Maria in Cielo.
Questa celebrazione probabilmente risale ad un’antica festa celebrata in oriente in onore di una Grande Madre, la dea siriana Atargatis, metà donna e metà pesce e patrona della fertilità e del lavoro nei campi.
Si cominciò a celebrare la Vergine Mariala solo all’inizio del VI sec. dopo Cristo nella chiesa fatta costruire da Eudossia sul Getsemani dove si narra che era stata sepolta; il culto si estese poi in tutta Europa con massimo fervore durante il Medioevo.
L’Assunzione – nel suo mito narrativo – restituisce a Maria un ruolo divino come sposa del Dio.
Scrive Cattabiani: “E fu tanto lo splendore di luce e il soave profumo – mentre gli angeli cantavano il Cantico del cantici al punto in cui il Signore dice: “Come un giglio tra le spine, tale è la mia amata tra le fanciulle” – che tutti quelli che erano là presenti caddero sulle loro facce come caddero gli apostoli quando Cristo si trasfigurò alla loro presenza sul monte Tabor.”
Celebrare il culmine dell’estate ringraziando i frutti ricevuti e propiziando le divinità per l’anno successivo è l’apoteosi delle festività pagane.
Le lunghe giornate e le calde serate consentivano di stare molto all’aperto e molto insieme. L’abbondanza rendeva più sereni e gioiosi e le comunità potevano incontrarsi e rinsaldare i legami.
Quello che sarebbe seguito, di lì a breve, avrebbe messo alla prova la forza e la resistenza di ciascuno: il Sole sarebbe nuovamente morto e la Terra si sarebbe ancora una volta raffreddata. Il ciclo oscuro sarebbe tornato.
©2010 – 2020 di Micaela Balice
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Micaela Balìce
consulente, dottoressa in Pedagogia e Floriterapeuta. Lavoro nel campo della formazione e del benessere e sono libera ricercatrice tra miti, simboli, archetipi e medicina popolare. Autrice e poetessa.
Fonti:
Cattabiani, Calendario, Mondadori 2003
Il Calderone Magico
Immagini:
intestazione: Xavier Coiffic (Unsplash)
Dea Diana: Guercino, 1658
frutti: Ella Olson (Unsplash)
grano: Guillaume Flandre (Unsplash)
beata Vergine del Monte Carmelo: foto dell’autrice